L’intervento cardiochirurgico non vi esonera dall’uso della cintura di sicurezza che comunque è un mezzo di protezione importante.
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E’ meglio che voi non solleviate pesi superiori ai 5 Kg. fino alla completa guarigione della ferita sternale.
Cercate sempre di bilanciare i pesi.
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Trattate il sesso come trattereste altre attività: se vi sentite bene potete riprendere l'attività sessuale dopo 4-6 settimane dall'intervento.
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Salire le scale non deve intimorirvi.
Salite lentamente senza mettervi alcuna fretta.
Quando vi sentite stanchi o affaticati fermatevi e riposate, poi ripartite.
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Di seguito alcune domande e risposte
Che cos’è l’ipospadia?
E’ una condizione nella quale l’uretra (il canale dal quale fuoriesce l’urina), non è alla punta del pene, ma si localizza più in basso rispetto al normale.
Cosa succederà il giorno del ricovero?
Vostro figlio entrerà in ospedale il giorno stesso dell’intervento e gli infermieri lo prepareranno per l’ingresso in sala operatoria.
Posso andare in sala operatoria con mio figlio?
Potrete accompagnare il bambino fino all’ascensore dove lo rivedrete al termine dell’intervento.
Quanto dura l’intervento?
Il tempo è variabile per ogni bambino. Non preoccupatevi se i tempi supereranno le vostre aspettative.
Cosa succede quando mio figlio rientra in reparto?
Il piccolo rientra in reparto con un catetere vescicale ed una medicazione “a piatto” che ricopre completamente il pene operato e il pancino, in modo da stabilizzare il catetere, inoltre avrà un accesso venoso, per la somministrazione di farmaci e infusione di liquidi per tutto il periodo del ricovero.
Cosa succede durante il ricovero?
Il bambino durante il ricovero sarà controllato periodicamente (per valutare il funzionamento del catetere vescicale) e la medicazione, se possibile, non verrà cambiata troppo spesso per facilitare il processo di cicatrizzazione. Il bambino deve rimanere a letto per tutta la permanenza in reparto, fino alla rimozione del catetere. Per favorire questo aspetto bisogna garantire un ambiente sereno. In caso di stipsi saranno effettuati clisteri evacuativi (la presenza di feci nel retto può provocare fastidio)
Il bambino potrà avere dolore?
E’ possibile che il piccolo possa presentare degli “spasmi vescicali” legati alla presenza del catetere. Questi episodi sono in genere improvvisi e molto brevi che potranno essere attenuati con la somministrazione di farmaci.
Quando potremo rientrare a casa?
Dipende dal tipo di intervento e comunque, dopo la rimozione del catetere, il bambino può essere dimesso quando avrà urinato da solo almeno due volte (nel giro di poche ore)
Come devo gestire le medicazioni a casa?
Il bambino può essere lavato a casa con utilizzo di detergenti neutri. Indicazioni più dettagliate verranno fornite al momento della dimissione.
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Incidenza e mortalità
Nel mondo, il tumore della cervice è al 3° posto tra i tumori più frequenti e la 4° causa di morte nelle donne; rappresenta circa il 9% del totale dei tumori femminili. In Italia, nel periodo 2003-2005, il tumore della cervice ha rappresentato l’1,6% delle nuove diagnosi di tumore e lo 0,6% di tutti i decessi per tumore nella popolazione femminile. Il numero medio annuo di casi nell’area coperta dai Registri Tumori è stato di 8,6 casi per 100.000 donne. Il carcinoma della cervice uterina è il primo cancro ad essere riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come totalmente riconducibile ad un agente infettivo, il papilloma virus umano (HPV, Human Papilloma Virus). Gli studi di prevalenza dell’HPV in diverse aree geografiche hanno messo in evidenza una correlazione diretta tra l’alta prevalenza di infezione da HPV e l’alta incidenza di carcinoma della cervice uterina nella popolazione generale.
Fattori di rischio (HPV) Il ruolo degli agenti sessualmente trasmessi, nell’eziologia del tumore della cervice, è stato sospettato per più di un secolo, ma solo negli ultimi 20-25 anni le conoscenze a riguardo si sono rapidamente espanse, grazie ai progressi ottenuti nei metodi di investigazione dell’HPV. Fino ad oggi, sono stati identificati e caratterizzati 120 HPV, che infettano la specie umana e che afferiscono principalmente ai generi α (mucosali) e β (cutanei).
Il genere α -papillomavirus comprende più di 50 genotipi virali divisi in 14 "specie", prevalentemente infettanti la mucosa genitale.
In base al grado di associazione con le forme invasive di carcinoma della cervice uterina, sono stati sudddivisi in:
- HPV ad "alto rischio oncogeno" (12 tipi: HPV16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58 e 59), associati ad un rischio maggiore di sviluppare carcinoma cervicale;
- HPV a "basso rischio" (12 tipi: HPV6, 11, 40, 42, 43, 44, 54, 61, 70, 72, 81 e 89), associati a lesioni epiteliali benigne;
- HPV con un "probabile alto rischio" (6 tipi: HPV26, 53, 66, 68, 73 e 82), in alcuni studi associati a carcinoma cervicale;
- HPV con un "rischio indeterminato" (25 tipi: HPV2a, 3, 7, 10, 27, 28, 29, 30, 32, 34, 55, 57, 62, 67, 69, 71, 74, 77, 83, 84, 85, 86, 87, 90 e 91), la cui oncogenicità non è stata ancora studiata né in studi epidemiologici né in studi molecolari in vitro.
- Abitudini sessuali (parità, età primo figlio, numero di partner)
I dati della letteratura scientifica mostrano un aumento di rischio di tumore della cervice nelle donne con elevato numero di figli ed il rischio è più elevato nelle donne HPV positive; inoltre il rischio aumenta con il numero di partner sessuali, con l’età precoce al primo rapporto sessuale e con la promiscuità dei partner sessuali.
- Fumo di tabacco
I dati della letteratura scientifica mostrano un aumento di rischio di carcinomi squamosi della cervice, ma non degli adenocarcinomi, nelle donne correnti fumatrici in confronto alle mai fumatrici e che il fumo di tabacco aumenta il rischio di tumore nelle donne HPV positive.
L’esame di screening Il test impiegato finora nello screening per il cancro del collo dell’utero è il Pap-test.
Deve essere effettuato da tutte le donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni ogni tre anni. Secondo le prove scientifiche disponibili è questo infatti l’intervallo di tempo che rende massimi i benefici dello screening e riduce al minimo i costi e le visite richieste.
L’intervallo, infatti, è sufficientemente breve per rendere poco probabile tra un test e l’altro lo sviluppo di un tumore, ma non così breve da individuare lesioni che regredirebbero spontaneamente e quindi da indurre a effettuare un trattamento che non sarebbe necessario.
Il Pap-test consiste in un prelievo di una piccola quantità di cellule del collo dell’utero, eseguito strofinando sulle sue pareti una spatolina e un tampone.
Le cellule prelevate, dopo essere state sottoposte a un particolare processo chimico, vengono analizzate al microscopio per valutare la presenza di alterazioni, che possono essere indice di una trasformazione in cellule tumorali.
Se il Pap-test non evidenzia nessuna anomalia, la donna viene invitata a ripetere l’esame dopo tre anni.
Recentemente, viste il ruolo indispensabile di alcuni tipi di virus HPV (cosiddetti ad alto rischio) nello sviluppo del cancro della cervice uterina, le Regioni sono state sollecitate a mutare il test di screening.
Il nuovo test di screening si baserà sulla ricerca dell’infezione dell’HPV ad alto rischio. Il prelievo è simile a quello del Pap-test. L’esame dovrà essere effettuato non prima dei 30 anni ed essere ripetuto con intervalli non inferiori ai 5 anni.
Se il test HPV risulta positivo la donna dovrà sottoporsi ad un Pap-test.
Se anche questo è positivo la donna dovrà sottoporsi a colposcopia.
Se invece la citologia non presenta alterazioni importanti la donna ripeterà il test HPV dopo un anno.
Dai 25 a 30-35 anni l’esame di riferimento rimane il Pap test da eseguirsi ogni tre anni . Questa scelta è dovuta al fatto che in giovane età la probabilità di avere una infezione da HPV è molto alta senza che questa assuma una importanza clinica
Gli esami di approfondimento
Se invece il Pap-test risulta positivo, vale a dire nei casi in cui l’analisi al microscopio mostra la presenza di cellule con caratteristiche pre-tumorali o tumorali, il protocollo dello screening per il cancro del collo dell’utero prevede l’esecuzione di esami di approfondimento.
In primo luogo la donna è invitata a eseguire una colposcopia. Si tratta di un esame che, attraverso l’utilizzo di un apposito strumento (il colposcopio) permette la visione ingrandita della cervice uterina. In tal modo il medico è in grado di confermare la presenza di lesioni pretumorali o tumorali e valutarne l’estensione.
Alla colposcopia può far seguito una biopsia, cioè un prelievo di una piccola porzione di tessuto anomalo da sottoporre a un’analisi che confermi definitivamente le caratteristiche esatte della sospetta lesione.
Il trattamento
L’adesione puntuale ai programmi di screening (in particolare il rispetto degli intervalli prefissati) aumenta notevolmente le probabilità di individuare lesioni a uno stadio di sviluppo molto precoce. Ciò consente il più delle volte di interrompere il cammino della lesione verso il tumore avanzato, con un piccolo intervento chirurgico.
L’incidenza dei tumori della cervice uterina in Italia, negli ultimi dieci anni è diminuita di quasi il 25%, proprio grazie agli effetti positivi dello screening e del trattamento precoce.
Tuttavia, l’approccio terapeutico, che all’interno dei programmi di screening è rigidamente codificato nel rispetto delle prove di efficacia, è diverso a seconda della natura della lesione identificata.
In particolare, la lesione viene considerata tanto più grave quanto più si è estesa in profondità nella parete del collo dell’utero.
In genere, nel caso di lesioni che hanno alte probabilità di regredire spontaneamente si preferisce attendere e valutare nuovamente la situazione dopo un nuovo ciclo di screening.
Nel caso di lesioni di gravità intermedia le lesioni vengono rimosse con piccoli interventi chirurgici, eseguiti in ambulatorio e in anestesia locale.
Nel caso di lesioni gravi, che sono comunque molto rare e più frequenti nelle persone che non hanno mai eseguito esami di screening, la donna deve seguire un iter terapeutico più complesso a seconda dell’esatta natura e dell’estensione della lesione.
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Epidemiologia
Gli studi epidemiologici non possono ancor oggi fornire un quadro preciso della donna a rischio di tumore dell’ovaio, né orientare programmi di prevenzione o di diagnosi precoce.
Il cancro dell’ovaio rappresenta circa il 3% dei tumori delle donna, essendo il 20 dei tumori ginecologici dopo il cancro dell’utero. In Italia, sono circa 5.000 i nuovi casi e 3.000 i decessi all’anno, vale a dire che 1 donna su 70 è destinata ad ammalarsi e 1 su 100 a morire per tale neoplasia.
Fattori di rischio.
Storia ostetrica e fattori riproduttivi. Gli aspetti maggiormente indagati nell’eziologia del carcinoma ovarico hanno riguardato la storia ostetrica e riproduttiva; in particolare, la maggior parte degli studi ha riportato un minor numero di gravidanze ed una più bassa parità nei casi rispetto ai controlli. Inoltre, come peraltro nel caso del tumore della mammella, la stessa età della prima gravidanza può influenzare il rischio del cancro dell’ovaio, che in alcuni studi appare diminuito in presenza di una prima gravidanza precoce. Questo fattore è emerso anche indipendentemente dal numero delle gravidanze e suggerisce pertanto che la prima gravidanza in età precoce possa conferire una specifica protezione.
Fattori e farmaci ormonali. Come la gravidanza, anche l’uso di contraccettivi (la "pillola" combinata) diminuisce il rischio di insorgenza di neoplasie ovariche.
Familiarità. Un aumento di rischio è stato riscontrato nelle donne con storia familiare di cancro ovarico e cancro della mammella. L’anamnesi positiva per cancro dell’ovaio rappresenta il più importante fattore di rischio e pertanto le donne con storia familiare di cancro ovarico nelle parenti di primo grado sono da considerare ad alto rischio (RR > 3). Il rischio raddoppia se vi sono due o più parenti di primo grado con cancro ovarico. Inoltre, molti casi di cancro di ovaio e mammella sono stati riportati nella stessa famiglia.
Forme ereditarie di carcinoma ovarico.
Il tumore ovarico in queste famiglie è caratterizzato da casi multipli di tumore al seno ed ovarico in generazioni successive, con età più giovane di insorgenza. Questa sindrome ereditaria è dovuta a due geni soppressori BRCA1, sul cromosoma 17q e BRCA2, sul cromosoma 13q. La trasmissione della mutazione è autosomica dominante, ma fortunatamente la frequenza di tale mutazione è molto bassa, pari a 0,0006, pertanto la proporzione di casi attribuita a tale mutazione è < 5%. Un eccesso di cancro ovarico è stato anche riscontrato nella sindrome del carcinoma colorettale non poliposico ereditario (sindrome di Lynch II), una sindrome autosomica dominante, che determina un aumento di rischio di carcinoma colorettale non poliposico e dei carcinomi dell’endometrio, della mammella e dell’ovaio.
Attività fisica.
Diversi studi hanno evidenziato una relazione inversa tra attività fisica e rischio di cancro ovarico. Particolare rilevanza avrebbe l’attività fisica connessa ad attività lavorativa. Si ipotizza che tale attività possa ridurre i livelli di estrogeni ed il numero delle ovulazioni.
Dieta.
La dieta è stata messa in relazione con il cancro dell’ovaio per la sua potenziale influenza sul processo di cancerogenesi; tuttavia, una quantificazione puntuale del rischio non è al momento disponibile. Numerosi studi sia prospettici sia retrospettivi hanno evidenziato un effetto protettivo della dieta ricca di vegetali e pesce; inoltre, alcuni studi evidenziano anche un ruolo protettivo del grano integrale oltre che delle fibre in genere. Viceversa, una dieta ricca di carne rossa e grassi sembra direttamente correlata con il cancro dell’ovaio. Tale relazione è meno evidente nelle forme mucinose. Per quanto riguarda i micronutrienti, alcuni studi hanno evidenziato una relazione inversa con la vitamina A, in particolare con il suo precursore beta-carotene. Nessuna relazione viceversa è emersa con altri micronutrienti (vitamine C, D, E), mentre un lieve effetto protettivo è stato individuato per il calcio. L’associazione di alto consumo di calcio e di vitamina D si è dimostrata alcune volte avere un effetto protettivo statisticamente significativo. Recentemente, alcuni studi hanno valutato il ruolo dei flavonoidi, un vasto gruppo di polifenoli con attività antiossidante presenti in numerosi alimenti (frutta, vegetali, vino rosso, tè). Un alto consumo di tali antiossidanti sembra avere un effetto protettivo oltre che per i tumori dell’apparato digerente ed urinario, anche per tale tipo di neoplasia.
Obesità.
Sebbene l’obesità sia un chiaro fattore di rischio per gli altri tumori ginecologici e la mammella, la relazione con il cancro dell’ovaio non è chiara: alcuni studi riportano un’associazione con l’indice di massa corporea (BMI) > 24 kg/cm2.
Sintomi.
Il tumore dell’ovaio non dà sintomi nelle fasi iniziali. Per questo è difficile identificarlo precocemente.
Sono tre i sintomi che le donne dovrebbero tenere presenti in quanto possibili indicatori precoci della presenza di un cancro delle ovaie: addome gonfio, aerofagia, bisogno di urinare frequentemente.
Si tratta purtroppo di sintomi spesso sottovalutati in quanto comuni ad altre patologie minori.
Ovviamente vanno considerati solo se si presentano insieme e all’improvviso: in tutti gli altri casi non sono significativi. A questi sintomi va aggiunta la sensazione di sazietà anche a stomaco vuoto.
Diagnosi.
La diagnosi si effettua mediante l’esame pelvico, ossia la visita ginecologica e la palpazione dell’addome e tramite l’ausilio dell’ecografia. A volte può essere d’ausilio associare il dosaggio di un marcatore tumorale, il CA 125.
Come si cura
Le donne colpite da un cancro dell’ovaio vengono sottoposte, qualora lo stadio della malattia lo permetta, ad intervento chirurgico. A volte la chirurgia viene preceduta o seguita dalla chemioterapia.
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Gli organi pelvici sono quegli organi contenuti nella pelvi, ossia nel piccolo bacino: l’utero, la vescica, il retto.
Si parla di prolasso degli organi pelvici quando questi perdono la loro sede naturale e discendono verso il basso fino a protrudere dalla vagina.
Le donne affette da prolasso hanno spesso una sensazione di peso in vagina o nella pelvi. Potrebbero lamentare di provare una sensazione come se stessero sedute su una palla, o accorgersi sotto la doccia di una massa che protrude dal canale vaginale. Qualche volta questo senso di peso o la protrusione si accentuano maggiormente verso la fine della giornata, dopo aver lavorato o essere state in piedi tutto il giorno. Altri sintomi includono fastidio durante il rapporto sessuale, incontinenza urinaria e disturbi intestinali.
Quali sono le cause del prolasso degli organi pelvici?
Il prolasso degli organi pelvici si manifesta quando le strutture muscolari e fasciali del pavimento pelvico sono danneggiate o non sono forti abbastanza da sostenere gli organi pelvici nella loro corretta posizione. Non è una condizione critica ma può causare dolore e disagio e avere un maggior impatto sulla qualità della vita di tutti i giorni.
I fattori che possono causare il danno o l'indebolimento del pavimento pelvico includono:
- Gravidanza e parto
- Età e menopausa
- Obesità
- Tosse cronica e stipsi cronica
- Sollevamento pesi
- Condizioni genetiche
- Precedente chirurgia pelvica
- Alcune condizioni neurologiche o lesioni al midollo spinale
Come si diagnostica il prolasso degli organi pelvici?
La diagnosi viene effettuata con una visita uroginecologica. A volte lo specialista uroginecologico, può richiedere degli esami complementari e di approfondimento (es. prove urodinamiche).
Come si cura il prolasso degli organi pelvici?
Ci sono varie opzioni terapeutiche a seconda dell’età della paziente, del suo stato generale di salute, del grado di prolasso e dell’associazione o meno con incontinenza urinaria.
Ci sono trattamenti conservati e trattamenti chirurgici.
I trattamenti conservativi comprendono la riabilitazione del pavimento pelvico e l’inserimento del pessario.
La riabilitazione del pavimento pelvico trova indicazione in tutti gli stadi iniziali di prolasso, qualora il prolasso fosse associato ad incontinenza urinaria da sforzo e nella ripresa post-trattamento chirurgico. La riabilitazione del pavimento pelvico va effettuata da personale specializzato (fisioterapisti) e in centri specialistici.
Il pessario vaginale è un dispositivo in gomma o in silicone che può avere varie forme (il più comune ha forma ad anello) e che viene inserito dall’uroginecologo in vagina con lo scopo di sostenere gli organi prolassati.
L’inserimento del pessario vaginale non presenta particolari controindicazioni e può essere tenuto in sede anche per tutta la vita (con sostituzioni periodiche). È una valida alternativa all’intervento chirurgico ed è particolarmente indicato in pazienti molto anziane con controindicazioni all’intervento chirurgico, ma anche in pazienti giovani che vogliano procrastinare l’intervento o in attesa dell’intervento stesso.
I trattamenti chirurgici per la correzione del prolasso sono di tantissimi tipi.
La scelta di una tecnica chirurgica dipende dalle caratteristiche specifiche e dalle necessità particolari della paziente. Nella scelta della migliore tecnica chirurgica vanno presi in considerazione molti fattori: l’età della paziente, la necessità di mantenere una futura fertilità, le patologie di base della paziente, l’esperienza e la familiarità del chirurgo con ciascuna tecnica chirurgica.
L’intervento più comunemente effettuato è la colpoisterectomia associata a meno a plastiche vaginali (cistopessi, rettopessi, colpoperineoplastica). Si tratta di un intervento che prevede l’asportazione dell’utero per via vaginale (quindi senza tagli sull’addome) e la sospensione della cupola vaginale ai legamenti utero-sacrali. È un intervento che può essere effettuato in anestesia spinale e prevede una rapida ripresa post-operatoria con dimissione generalmente in 2°-3° giornata post-operatoria.
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Incidenza e mortalità
Nel mondo, il tumore dell’endometrio è al 6° posto tra i tumori più frequenti nelle donne; rappresenta per incidenza circa il 5% del totale dei tumori nelle donne, con circa 288.000 nuovi casi e 74.000 morti per anno stimati nel 2010. In Italia, nel periodo 2003-2005, il tumore dell’endometrio ha rappresentato il 4,8% delle nuove diagnosi di tumore nella popolazione femminile e lo 0,8% di tutti i decessi per tumore.
Fattori di rischio
Indice di massa corporea (BMI, Body Mass Index)
I dati della letteratura scientifica indicano che il rischio di tumore dell’endometrio nelle donne obese e fortemente obese è 5 volte superiore rispetto alle donne con un peso normale per la loro fascia di età ed inoltre, che l’obesità nelle donne è responsabile di circa il 40% dei tumori dell’endometrio a causa di una maggiore quota di estrogeni circolanti che vengono prodotti dal tessuto adiposo.
Attività fisica
L’attività fisica permette di mantenere sotto controllo il peso corporeo e, di conseguenza, i tessuti adiposi, che nelle donne in post-menopausa sono la principale fonte di estrogeni. Di conseguenza, le donne che mantengono un corretto peso corporeo tendono ad avere bassi livelli circolanti di estrogeni. I dati della letteratura scientifica suggeriscono dunque che l’attività fisica è un importante fattore di prevenzione dei tumori dell’endometrio e che è associata con una riduzione del rischio di circa il 20-40%.
Contraccettivi orali
I dati della letteratura scientifica mostrano una riduzione del rischio di tumore dell’endometrio di circa il 50% nelle donne che hanno utilizzato COC rispetto a quelle che non ne avevano fatto uso ed inoltre, che l’effetto protettivo rimane per più di 20 anni dopo la cessazione.
Storia riproduttiva
E’ ormai accettata l’ipotesi che l’esposizione agli estrogeni (endogeni ed esogeni) senza una concorrente esposizione ai progestinici stimola le cellule dell’endometrio alla proliferazione, aumentando la probabilità di una modificazione genetica e, di conseguenza, una trasformazione maligna. Il progesterone ha un effetto opposto, riducendo la divisione cellulare e stimolando la differenziazione, per questo potenzialmente riduce il rischio di tumore dell’endometrio. I fattori riproduttivi sono probabilmente i fattori di rischio per il tumore dell’endometrio, perché essi sono legati ai livelli di ormoni endogeni. Menarca, menopausa e gravidanza sono accompagnati da cambiamenti maggiori nei livelli di ormoni endogeni.
L’aumento di rischio associato con un precoce menarca e/o tardiva menopausa è stato attribuito alla più lunga esposizione agli estrogeni endogeni nell’arco della vita delle donne. In alternativa, la deficienza di progesterone associata con i cicli non ovulatori, che sono più comuni durante la precoce e tardiva vita riproduttiva, può anche contribuire al rischio di tumore dell’endometrio. E’ anche possibile che una mestruazione precoce verso tardiva sia associata a profili ormonali differenti durante la vita adulta, quali livelli elevati di Estradiolo o livelli bassi di SHBG.
In conclusione, i dati della letteratura scientifica mostrano che le donne con una tardiva età del menarca, una precoce menopausa e con 1 o più figli hanno una riduzione del rischio di tumore dell’endometrio.
Sintomi
La maggior parte dei tumori dell'endometrio (90%) si manifesta con sanguinamento vaginale anomalo come, per esempio, perdite tra un ciclo e l'altro o dopo la menopausa. Altri sintomi tipici sono abbondanti perdite vaginali (spesso maleodoranti), dolori nella zona pelvica o alla schiena e una perdita di peso non legata a una dieta dimagrante.
Diagnosi
Come per tutti i tumori, anche per il tumore del collo dell’utero è fondamentale effettuare la diagnosi il più precocemente possibile.
- La biopsia endometriale: dura pochi minuti e consiste nell’introdurre nell’utero uno strumento molto sottile e flessibile passando attraverso la vagina per prelevare alcune cellule con un semplice grattamento.
- La dilatazione con curretage consiste nel dilatare la cervice uterina per introdurre nell’utero uno speciale strumento capace di raschiare la parete interna dell’utero. L’esame dura circa un’ora e può richiedere una particolare sedazione oppure l’anestesia epidurale.
- L’isteroscopia permette al medico di visualizzare le pareti interne dell’utero grazie ad una telecamera posizionata all’estremità di un sottile strumento introdotto nell’utero attraverso la cervice e di prelevare anche campioni di tessuto da analizzare.
Come si cura
- La chirurgia rappresenta il principale trattamento per i tumori del corpo dell’utero e consiste nell’asportare il corpo e il collo dell’utero attraverso un’incisione nella parete addominale, in laparoscopia, o passando attraverso la vagina
- La radioterapia, ovvero la somministrazione di raggi ad alta energia in grado di uccidere le malate
- In alcuni casi selezionati possono anche essere scelte la chemioterapia o la terapia ormonale.
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Durante la degenza è consigliabile avere a disposizione solo gli effetti personali indispensabili:
- articoli da toilette (asciugamani, spazzolino da denti, dentifricio, sapone, ecc.);
- vestiario da camera (pantofole, pigiama/camicia da notte, vestaglia, biancheria personale, ecc.);
- posate;
- tazza;
- bicchiere;
- tovagliolo.
Per le future mamme, si consiglia di portare:
- biancheria personale con almeno una camicia da notte con apertura anteriore;
- mutande igieniche (anche monouso);
- assorbenti igienici per massima assorbenza.
Per il neonato, si consiglia di portare:
- nr. 3 magliette intime o body (solo in cotone);
- nr. 3 coprifasce di cotone nel periodo estivo e di lana per quello invernale;
- nr. 4 ghettine di cotone;
- nr. 4 bavaglini;
- nr. 3 paia di calzini di cotone;
- nr. 1 completino per la dimissione;
- nr. 1 asciugamano.
Per rendere più agevole la gestione del neonato si consiglia di scegliere capi semplici, forniti di automatici o di chiusure comode, evitando lacci o stringhe.
SI CONSIGLIA DI:
► portare solo lo stretto necessario;
► portare soltanto piccole somme di denaro e/o oggetti di valore minimo poiché non è garantita la loro custodia;
► dotarsi di monete per l’uso dei distributori automatici.
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Un prematuro per essere dimesso deve essere in grado di:
- respirare ed alimentarsi autonomamente;
- termoregolarsi in maniera adeguata;
- aver raggiunto i 2 Kg di peso e le 36 settimane di gestazione.
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Non esiste un'età minima per sottoporre i bambini ad una visita oculistica ed un oculista pediatra è in grado di visitare un bambino a qualsiasi età.
In assenza di fattori di rischio si consiglia comunque di sottoporre tutti i bambini ad una visita oculistica tra i 2 ed i 3 anni di età.
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Perchè alcuni difetti refrattivi bilaterali e soprattutto i difetti refrattivi monolaterali possono passare inosservati per molto tempo e non corretti indurre ambliopia.
La visita eseguita tra i 2 ed i 3 anni di età permette di escludere tali difetti o, in caso di loro presenza, permette il loro trattamento in un'età ancora precoce.
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ASSOLUTAMENTE NO!!
L'oculista pediatra è in grado di prescrivere gli occhiali che il bambino necessita a qualsiasi età.
In più, in caso di presenza di difetto refrattivo, è buona regola prescrivere la correzione il più precocemente possibile.
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SI.
Una visita oculistica pediatrica prevede l'instillazione di gocce per dilatare la pupilla (midriasi) e paralizzare temporaneamente (cicloplegia) il muscolo dell'accomodazione (molto vivace nei bambini).
Gli effetti indotti permettono all'oculista di analizzare in profondità il difetto refrattivo presente e, tramite la midriasi, di esplorare anche la retina ed il nervo ottico (esame del fondo oculare).
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NO.
Le gocce di Atropina, sono le più usate negli ambulatori di oculistica pediatrica e prevedono l'instillazione a domicilio. Attualmente, a seconda dell'età, del tipo di difetto refrattivo sospettato e della pigmentazione dell'occhio (occhi più scuri necessitano di gocce più forti) si usano due sostanze :
- il ciclopentolato
- e la tropicamide.
Ambedue queste sostanze sono molto ben tollerate dai bambini e producono, salvo rarissimi casi di ipersensibilità individuale, solo al massimo un lieve arrossamento delle guance ed un lieve cambio di umore.
Entrambe le gocce sono usate direttamente nello studio dell'oculista e non prevedono l'instillazione a domicilio.
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Tali presidi non la impediscono, la possibilità dipende solo dal grado di disfagia.
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Per eseguire una valutazione nutrizionale con un nostro specialista occorre innanzitutto premunirsi di: impegnativa del medico curante con scritta la seguente dicitura: “visita dietologica e protocollo prima I dieta” poi seguire quanto indicato in relazione alla patologia:
In caso di malnutrizione per difetto (condizione di sottopeso, calo ponderale a seguito di intervento chirurgico, MICI, malassorbimento ecc. chiamare al seguente numero: 071 5963585.
In caso di celiachia e malattie Rare contattare il numero: 071-5963582/5
In caso di fibrosi cistica contattare il numero: 071-5963587/1
Altrimenti chiamare il numero verde del Centro Unico di Prenotazione regionale (CUP) 800-098798 e farsi passare il CUP di Torrette e prenotare per:
Disturbo del comportamento alimentare oppure
Obesità/dislipidemie
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Sempre previa impegnativa del medico curante con la dicitura “calorimetria indiretta” chiamare il numero verde del Centro Unico di Prenotazione regionale (CUP) 800-098798 e farsi passare il CUP di Torrette e chiedere come prestazione “valutazione della ventilazione e dei gas espirati e relativi parametri”.
Si effettua nelle giornate del Lun-Merc- Ven dalle ore 9.00-10.00.
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