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Domande e Risposte (FAQ)
Che cosa è il tumore del collo dell'utero?

Incidenza e mortalità
Nel mondo, il tumore della cervice è al 3° posto tra i tumori più frequenti e la 4° causa di morte nelle donne; rappresenta circa il 9% del totale dei tumori femminili. In Italia, nel periodo 2003-2005, il tumore della cervice ha rappresentato l’1,6% delle nuove diagnosi di tumore e lo 0,6% di tutti i decessi per tumore nella popolazione femminile. Il numero medio annuo di casi nell’area coperta dai Registri Tumori è stato di 8,6 casi per 100.000 donne. Il carcinoma della cervice uterina è il primo cancro ad essere riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come totalmente riconducibile ad un agente infettivo, il papilloma virus umano (HPV, Human Papilloma Virus). Gli studi di prevalenza dell’HPV in diverse aree geografiche hanno messo in evidenza una correlazione diretta tra l’alta prevalenza di infezione da HPV e l’alta incidenza di carcinoma della cervice uterina nella popolazione generale.

Fattori di rischio (HPV)
Il ruolo degli agenti sessualmente trasmessi, nell’eziologia del tumore della cervice, è stato sospettato per più di un secolo, ma solo negli ultimi 20-25 anni le conoscenze a riguardo si sono rapidamente espanse, grazie ai progressi ottenuti nei metodi di investigazione dell’HPV. Fino ad oggi, sono stati identificati e caratterizzati 120 HPV, che infettano la specie umana e che afferiscono principalmente ai generi α (mucosali) e β (cutanei). 

Il genere α -papillomavirus comprende più di 50 genotipi virali divisi in 14 "specie", prevalentemente infettanti la mucosa genitale.
In base al grado di associazione con le forme invasive di carcinoma della cervice uterina, sono stati sudddivisi in: 

  • HPV ad "alto rischio oncogeno" (12 tipi: HPV16, 18, 31, 33, 35, 39, 45, 51, 52, 56, 58 e 59), associati ad un rischio maggiore di sviluppare carcinoma cervicale;
  • HPV a "basso rischio" (12 tipi: HPV6, 11, 40, 42, 43, 44, 54, 61, 70, 72, 81 e 89), associati a lesioni epiteliali benigne;
  • HPV con un "probabile alto rischio" (6 tipi: HPV26, 53, 66, 68, 73 e 82), in alcuni studi associati a carcinoma cervicale;
  • HPV con un "rischio indeterminato" (25 tipi: HPV2a, 3, 7, 10, 27, 28, 29, 30, 32, 34, 55, 57, 62, 67, 69, 71, 74, 77, 83, 84, 85, 86, 87, 90 e 91), la cui oncogenicità non è stata ancora studiata né in studi epidemiologici né in studi molecolari in vitro.
  • Abitudini sessuali (parità, età primo figlio, numero di partner)
    I dati della letteratura scientifica mostrano un aumento di rischio di tumore della cervice nelle donne con elevato numero di figli ed il rischio è più elevato nelle donne HPV positive; inoltre il rischio aumenta con il numero di partner sessuali, con l’età precoce al primo rapporto sessuale e con la promiscuità dei partner sessuali. 

  • Fumo di tabacco
    I dati della letteratura scientifica mostrano un aumento di rischio di carcinomi squamosi della cervice, ma non degli adenocarcinomi, nelle donne correnti fumatrici in confronto alle mai fumatrici e che il fumo di tabacco aumenta il rischio di tumore nelle donne HPV positive. 

L’esame di screening
Il test impiegato finora nello screening per il cancro del collo dell’utero è il Pap-test.
Deve essere effettuato da tutte le donne di età compresa tra i 25 e i 64 anni ogni tre anni. Secondo le prove scientifiche disponibili è questo infatti l’intervallo di tempo che rende massimi i benefici dello screening e riduce al minimo i costi e le visite richieste.
L’intervallo, infatti, è sufficientemente breve per rendere poco probabile tra un test e l’altro lo sviluppo di un tumore, ma non così breve da individuare lesioni che regredirebbero spontaneamente e quindi da indurre a effettuare un trattamento che non sarebbe necessario.

Il Pap-test consiste in un prelievo di una piccola quantità di cellule del collo dell’utero, eseguito strofinando sulle sue pareti una spatolina e un tampone.

Le cellule prelevate, dopo essere state sottoposte a un particolare processo chimico, vengono analizzate al microscopio per valutare la presenza di alterazioni, che possono essere indice di una trasformazione in cellule tumorali.
Se il Pap-test non evidenzia nessuna anomalia, la donna viene invitata a ripetere l’esame dopo tre anni.

Recentemente, viste il ruolo indispensabile di alcuni tipi di virus HPV (cosiddetti ad alto rischio) nello sviluppo del cancro della cervice uterina, le Regioni sono state sollecitate a mutare il test di screening.

Il nuovo test di screening si baserà sulla ricerca dell’infezione dell’HPV ad alto rischio. Il prelievo è simile a quello del Pap-test. L’esame dovrà essere effettuato non prima dei 30 anni ed essere ripetuto con intervalli non inferiori ai 5 anni.
Se il test HPV risulta positivo la donna dovrà sottoporsi ad un Pap-test.
Se anche questo è positivo la donna dovrà sottoporsi a colposcopia.
Se invece la citologia non presenta alterazioni importanti la donna ripeterà il test HPV dopo un anno.
Dai 25 a 30-35 anni l’esame di riferimento rimane il Pap test da eseguirsi ogni tre anni . Questa scelta è dovuta al fatto che in giovane età la probabilità di avere una infezione da HPV è molto alta senza che questa assuma una importanza clinica

Gli esami di approfondimento
Se invece il Pap-test risulta positivo, vale a dire nei casi in cui l’analisi al microscopio mostra la presenza di cellule con caratteristiche pre-tumorali o tumorali, il protocollo dello screening per il cancro del collo dell’utero prevede l’esecuzione di esami di approfondimento.
In primo luogo la donna è invitata a eseguire una colposcopia. Si tratta di un esame che, attraverso l’utilizzo di un apposito strumento (il colposcopio) permette la visione ingrandita della cervice uterina. In tal modo il medico è in grado di confermare la presenza di lesioni pretumorali o tumorali e valutarne l’estensione.
Alla colposcopia può far seguito una biopsia, cioè un prelievo di una piccola porzione di tessuto anomalo da sottoporre a un’analisi che confermi definitivamente le caratteristiche esatte della sospetta lesione.

Il trattamento
L’adesione puntuale ai programmi di screening (in particolare il rispetto degli intervalli prefissati) aumenta notevolmente le probabilità di individuare lesioni a uno stadio di sviluppo molto precoce. Ciò consente il più delle volte di interrompere il cammino della lesione verso il tumore avanzato, con un piccolo intervento chirurgico.
L’incidenza dei tumori della cervice uterina in Italia, negli ultimi dieci anni è diminuita di quasi il 25%, proprio grazie agli effetti positivi dello screening e del trattamento precoce.
Tuttavia, l’approccio terapeutico, che all’interno dei programmi di screening è rigidamente codificato nel rispetto delle prove di efficacia, è diverso a seconda della natura della lesione identificata.
In particolare, la lesione viene considerata tanto più grave quanto più si è estesa in profondità nella parete del collo dell’utero.
In genere, nel caso di lesioni che hanno alte probabilità di regredire spontaneamente si preferisce attendere e valutare nuovamente la situazione dopo un nuovo ciclo di screening.
Nel caso di lesioni di gravità intermedia le lesioni vengono rimosse con piccoli interventi chirurgici, eseguiti in ambulatorio e in anestesia locale.
Nel caso di lesioni gravi, che sono comunque molto rare e più frequenti nelle persone che non hanno mai eseguito esami di screening, la donna deve seguire un iter terapeutico più complesso a seconda dell’esatta natura e dell’estensione della lesione.

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