Le malattie autoimmuni sono malattie caratterizzate da un’alterazione del sistema immunitario con una reazione dell’organismo diretta contro le proprie cellule.
Queste malattie colpiscono prevalentemente le donne, più frequentemente in età fertile, anche se possono manifestarsi in tutte le fasce d’età.
Alcuni esempi di malattie autoimmuni sono:
- lupus eritematoso sistemico,
- sclerosi sistemica,
- sindrome di Sjogren,
- vasculiti,
- tiroiditi,
- epatite autoimmune,
- miositi,
- celiachia.
Le cause delle malattie autoimmuni sono tuttora sconosciute.
Si ipotizza un’interazione tra familiarità per malattie autoimmuni, predisposizione genetica, fattori ambientali/esterni (virus, batteri, agenti chimici, raggi UV) e stile di vita (eventi stressanti, fumo di sigaretta, regime alimentare non adeguato).
Le malattie autoimmuni possono interessare nello stesso momento quasi tutti i distretti corporei o colpire singoli apparati/organi.
I sintomi sono molto vari in base alle singole malattie.
Esistono due tipi di sintomi che i pazienti possono riferire al momento della valutazione medica:
- sintomi aspecifici (che possono essere presenti in tutte le malattie autoimmuni):
- stanchezza generalizzata,
- calo ponderale,
- episodi di febbre,
- dolori articolari
- sintomi specifici (più caratteristici per le varie malattie autoimmuni, che possono pertanto permettere al medico un orientamento diagnostico più accurato
- lupus eritematoso sistemico:
- rash a farfalla,
- chiazze di alopecia,
- ulcere al cavo orale e genitale,
- edemi alle gambe
- sclerosi sistemica:
- microstomia,
- teleangectasie,
- sclerosi cutanea
- miositi:
- rash al decolleté e alle mani,
- importante debolezza muscolare
- vasculiti:
- tosse,
- emoftoe,
- porpora agli arti inferiori,
- edemi alle gambe
La terapia delle malattie autoimmuni si basa prevalentemente su farmaci immunosoppressori.
La prognosi dipende dalla specifica malattia ed è diversa da persona a persona.
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Il fenomeno di Raynaud, presente nel 95% dei pazienti con sclerosi sistemica ed anche in soggetti con connettiviti quali lupus eritematoso sistemico o sindrome di Sjogren, è tipicamente caratterizzato dall’arrossamento e/o sbiancamento delle estremità quali mani, piedi, padiglioni auricolari e punta del naso, a seguito di una vasocostrizione episodica scatenata dall’esposizione al freddo, dalle vibrazioni o da stress emotivi a carico di piccole arterie e arteriole.
La sua modalità di presentazione clinica è tipicamente trifasica: all’inizio si ha pallore (fase ischemica) cui segue cianosi (fase asfittica) ed infine rossore (fase iperemica attiva). Il pallore e la cianosi si associano al raffreddamento e all’intorpidimento delle dita delle mani o dei piedi, mentre il rossore è accompagnato da dolore e parestesie.
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I pazienti con fenomeno di Raynaud devono:
- Evitare il fumo di sigaretta
- Evitare brusche variazioni della temperatura esterna
- Evitare di immergere le mani nell’acqua fredda e/o calda
- Evitare di impiegare scaldamani e/o scaldapiedi
- Indossare sempre i doppi guanti di protezione (meglio se di lana pesante) e cappello prima di esporsi al freddo (esempio prima di uscire di casa)
- Proteggere la cute da traumi, tagli, ferite o ustioni per evitare comparsa di ulcere
Da un punto di vista farmacologico, se il fenomeno di Raynaud è particolarmente invalidante potrebbe essere indicata una terapia vasodilatatrice che a seconda della situazione può essere per via orale o endovenosa.
In caso di comparsa di ulcerazioni cutanee, è fondamentale contattare il proprio medico specialista di riferimento.
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I farmaci immunosoppressori sono farmaci utilizzati per modulare in senso negativo l’attività del sistema immunitario in particolari condizioni quali ad esempio malattie autoimmuni o trapianti di organo.
I farmaci immunosoppressori sono di diverse tipologie:
- glucocorticoidi (cortisonici)
- immunosoppressori convenzionali (possono essere ulteriormente suddivise in base al loro meccanismo d’azione, ossia essere diretti contro alcune cellule o mediatori dell’attività immunitaria quali linfociti B e linfociti T): alcuni esempi sono micofenolato mofetile, azatioprina, ciclosporina, ciclofosfamide, tacrolimus, methotrexate
- farmaci biologici (anticorpi monoclonali, diretti contro citochine specifiche quali TNFalfa, CD20, Interleuchina-6…): rituximab, farmaci anti-TNFalfa (infliximab, etanercept, adalimumab, golimumab), anti-IL-6 (tocilizumab, sarilumab).
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Rischio infettivo
I pazienti in terapia con farmaci immunosoppressori hanno un rischio infettivo aumentato rispetto alla popolazione generale di sviluppare un’infezione, di entità sia lieve che severa, tale da richiedere quest’ultima anche l’ospedalizzazione del paziente. Il paziente ogni volta che sviluppa sintomi sospetti per un’infezione deve essere valutato da un medico che deciderà se sospendere o no, anche temporaneamente, il farmaco e/o intraprendere terapie antimicrobiche.
Rischio neoplastico
Gli studi osservazionali recenti non hanno osservato una associazione tra il trattamento con farmaci biologici e lo sviluppo di neoplasie, anche se in linea teorica una modulazione protratta del sistema immunitario può favorire una ridotta sorveglianza immunitaria contro i tumori. Sebbene gli studi non abbiano fin qui confermato questo rischio teorico, è bene che il paziente aderisca ai periodici programmi di screening oncologici.
Reazioni infusionali o nel sito di iniezione
Le reazioni nella sede di iniezione e le reazioni infusionali sono tra i più comuni effetti collaterali che compaiono in corso di terapia con farmaci biologici. Eritema e/o prurito, emorragia, dolore o edema nella sede di iniezione sono frequenti ma raramente determinano la sospensione del trattamento.
Le reazioni infusionali (che si verificano nel caso di farmaci somministrati per via endovenosa, entro circa 1-2 ore dall’infusione) possono manifestarsi con prurito, orticaria, cefalea, ipotensione, dolore toracico, febbre, brividi, sensazione di costrizione al giugulo e disturbi delle alte vie aeree. In base all’entità della reazione, il medico deciderà di sospendere l’infusione e di somministrare terapia con steroide ed anti-istaminico.
Alterazione degli esami di laboratorio
Tutti i pazienti in terapia con farmaci immunosoppressori e biologici devono essere periodicamente sottoposti ad esami ematochimici quali emocromo e funzionalità epato-renale per valutare comparsa di eventuali alterazioni quali anemia, riduzione della conta dei globuli bianchi e delle piastrine, aumento degli enzimi epatici o riduzione della funzionalità renale. In base all’entità di tali alterazioni, il medico specialista deciderà poi se interrompere il trattamento o se modulare la frequenza delle somministrazioni.
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In corso di terapia con immunosoppressori il paziente può effettuare unicamente vaccinazioni con vaccini inattivati e/o a subunità (ad esempio, Difterite-Tetano-Pertosse, Epatite B, Influenza, Pneumococco, ecc), che sono comunque fortemente raccomandate. La vaccinazione anti-influenzale annuale e anti-pneumococcica sono consigliate a tutti i pazienti con malattie autoimmuni.
I vaccini vivi attenuati (ad esempio Morbillo-Parotite-Rosolia, Herpes Zoster, ecc) sono controindicati e possono essere effettuati solo dopo congruo periodo di sospensione del farmaco immunosoppressore. Tale tempistica è variabile in base al tipo di terapia, per cui devono essere presi accordi con lo specialista di riferimento e con il medico del centro vaccinazioni.
La vaccinazione anti-Covid (sia vaccini ad mRNA che vaccini a vettore virale non replicante) non è controindicata nei pazienti in terapia con farmaci immunosoppressori.
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Le donne affette da malattie autoimmuni ed in terapia con farmaci immunosoppressori possono avere una gravidanza.
Va comunque ricordato che una gravidanza in tali condizioni di salute deve essere adeguatamente pianificata insieme allo specialista di riferimento. Molte terapie immunosoppressive sono controindicate in gravidanza, per cui è necessario modificare, anche prima del concepimento, il programma terapeutico della paziente. È inoltre fondamentale intensificare i controlli ambulatoriali perché durante la gravidanza spesso si va incontro a riattivazione della malattia autoimmune, anche se è possibile che vi sia un miglioramento clinico.
In generale il periodo migliore per avere una gravidanza è quello in cui la malattia di base è stabile e/o non attiva o, auspicabilmente, in remissione completa.
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